Haemorrhoids are normal anal structures present since intrauterine hembrional stage (so called “Thompson’s cushions”). Only in a few people they manifest with bleeding, sometimes dramatic.

Not, on the contrary. Only 15 – 20 % of them needs surgery, the remainder is amenable to out-patient treatment consisting of injection sclerotherapy and/or rubber band ligation (normally, three or four sessions suffice).

No, infatti la zona al di sopra di 0,5 cm dal margine anale è del tutto insensibile al dolore.

LASER treatment is not normally employed to treat haemorrhoids. Its employment to treat haemorrhoids is merely myth.

Stapled haemorrhoidectomy has now become quite “fashionable”. Probably it is too widely employed, maybe also due to heavy commercial pressure. As a matter of fact, this new technique can imply even ominous complications and severe pain. The “stapler” should probably only be employed in those cases of haemorrhoids in which rectal mucosal prolapse is also present. In all the other cases, probably the traditional procedures (closed technique: Ferguson haemorrhoidectomy; open technique: Milligan-Morgan procedure) are still to be preferred.

No, to date both anaesthetic and surgical techniques allow minimal pain following haemorrhoi ectomy.

The "THD procedure" is an effective and technologically advanced answer to haemorrhoidal disease related problems. Those who suffer from haemorrhoids are familiar with the distressing consequences of this condition: bleeding, prolapse of rectal mucosa, and pain after conventional surgery. Dearterialization of the haemorrhoids or "THD procedure" successfully deals with and solves the above problems: it reduces the arterial flow to the haemorrhoids by ligating, under guide of a Doppler probe, the 6 main arterial haemorrhoidal branches. It can also treat the rectal prolapse whenever this is present, thus placing the mucosa back to its normal position. The procedure is performed in a sensory-nerve free area, thus eliminating the main problem related to conventional surgery: pain. Dearterialization of the haemorrhoids is a mini-invasive (it does not imply any cutting of of tissues), technologically advanced, and safe procedure.

L’emorroidopessi mediante cucitrice meccanica (“stapler”) o “tecnica di Longo” si è diffusa a partire dalla metà degli anni ’90. L’impiego della cucitrice meccanica o “stapler” può essere utile in casi selezionati, quali, ad esempio, quelli di malattia emorroidaria di quarto grado con vero prolasso circolare esterno della mucosa rettale (e non nei casi di semplice prolasso mucoso interno). In questi casi, peraltro, può anche essere eseguita la tecnica THD con emorroidopessi.

No, attualmente le tecniche anestesiologiche, quelle chirurgiche, ed una corretta gestione del paziente dopo l’intervento riescono a minimizzare il dolore anche dopo emorroidectomia tradizionale. In particolare, il paziente viene incoraggiato ad una evacuazione precoce (già in prima o seconda giornata post-operatoria), scongiurando, in tal modo, il rischio di accumulare feci dure (o di veri e propri “fecalomi”), dolorosissime all’atto della evacuazione.

La ragade anale può beneficiare da una corretta terapia medica o chirurgica. Nei casi in cui il dolore sia sopportabile e dopo appropriata visita proctologica (onde escludere la presenza di altre patologie), si può eseguire, per alcune settimane, la terapia medica, in genere a base di lassativi di volume (ammorbidenti fecali), pomate a base di trinitroglicerina allo 0,2% od allo 0,4%, pomate a base di nifedipina, etc. Nei casi, invece, in cui il dolore sia insopportabile e si decida di procedere con urgenza, o nei casi in cui la terapia medica non abbia ottenuto alcun risultato, si deve procedere ad intervento chirurgico. Questo, in genere, consiste nella sfinterotomia laterale interna, ossia nella sezione controllata, di minima dello sfintere anale interno. Ne deriva la risoluzione dell’ipertono anale e la quasi immediata scomparsa della sintomatologia dolorosa. La ragade guarirà quindi nel corso delle settimane successive, non dando, nel frattempo, quasi più alcun segno di sè.

Nel 1980 il chirurgo e ricercatore USA John Bascom sviluppò la teoria che il sinus pilonidalis fosse una malattia acquisita e non congenita, come molti avevano sostenuto fino ad allora. Secondo tale teoria, il sinus pilonidalis è una malattia “dermatologica” e come tale va trattata, con escissioni e suture multiple ma di pochi millimetri (a “chicco di riso”) degli orifizi cutanei esterni situati sulla linea mediana posteriore della regione sacro-coccigea. Poichè eventuali suture maggiori sulla linea mediana posteriore per motivi meccanici tendono, il più delle volte, ad aprirsi, qualora fosse necessaria una detersione dei piani tessutali più profondi questi vanno raggiunti tramite una incisione laterale, che, invece, tende a guarire con estrema semplicità. Successivamente all’intervento di Bascom, la ripresa delle normali attività è, mediamente, molto più rapida rispetto ad interventi più demolitori.

Nei casi di sinus pilonidalis (o cisti sacro-coccigea) pluri-recidivo, molto esteso, etc. è proponibile l’escissione ampia e la sutura immediata della ferita, con tempi di guarigione spesso intorno ai 15 giorni. Per i motivi sopra esposti (tensione sulla linea mediana) la sutura ha più probabilità di chiudersi in tempi rapidi qualora vengano confezionati dei lembi o “flaps”. Tra questi, la “plastica a Z” è una delle metodiche più popolari.

Cryotherapy has been proscribed by the “American Society of Colon & Rectal Surgeons” due to a number of side effects, complications, and recurrences.

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